Blocco dei licenziamenti. Una finta proroga

E’ ripartita la campagna di Confindustria contro l’annunciata proroga del blocco dei licenziamenti al 31 ottobre da parte del governo Draghi.

Già con questo blocco sono andato persi 800.000 posti di lavoro fissi e circa un milione temporanei o informali.

A rimetterci per lo più donne e giovani. Ma la proroga prevista dal ministro Orlando allargherà di molto le maglie dei licenziamenti e la situazione non può che peggiorare.

Vediamo come.

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Lettera alle lavoratrici e alle iscritte CLAP: prepariamo insieme l’8 marzo 2021

Sabato 27 febbraio ore 17, assemblea telematica delle lavoratrici iscritte alle Camere del Lavoro Autonomo e Precario, verso lo sciopero femminista di Non Una Di Meno.

Lo sciopero femminista dell’8 marzo chiamato dal movimento Non Una di Meno, ancora di più quest’anno, ci sembra un momento di lotta necessario, a cui riteniamo doveroso aderire e contribuire.

E crediamo che sia importante farlo, come donne, a partire dai nostri luoghi di lavoro, costruendo un percorso di partecipazione in cui le vertenze di cui siamo parte prendano voce, sottolineando i nodi di rivendicazione politico-sindacale che le hanno caratterizzate, soprattutto in quest’ultimo anno.

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Verso l’8 marzo! La sfida dello sciopero femminista e transfemminista

Report assemblea nazionale Non Una Di Meno del 6 febbraio 2021: “L’#8M quest’anno accade alla vigilia del possibile sblocco dei licenziamenti e con la partita del Recovery Plan tutta aperta. Il governo dei competenti è un tentativo di depoliticizzare quello che per noi è un terreno di lotta aperto e cruciale, perché non ha niente di temporaneo ma anzi consoliderà l’infrastruttura neoliberale, patriarcale e razzista della società, ancora una volta giustificandola con la retorica della resilienza e dell’eroismo.

L’altra faccia dei cosiddetti investimenti competitivi sarà un aumento della precarietà e dello sfruttamento. In questo nuovo contesto, la sfida dello sciopero femminista e transfemminista è di aprire una lotta sul terreno della redistribuzione della ricchezza, per un welfare che risponda ai nostri bisogni, per strumenti di autonomia economica per uscire dalla violenza e dal ricatto, per attaccare i patrimoni di chi in questi mesi non ha fatto altro che accrescere i propri profitti sfruttando il nostro lavoro e obbligandoci a scegliere tra lavoro e salute, tra lavoro e formazione, tra lavoro e giustizia climatica, tra lavoro e liberazione dalla violenza.”

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Gli effetti della pandemia sul lavoro e le politiche attive

In attesa delle prime misure del governo, Draghi ha più volte dichiarato di affidarsi alla “distruzione creativa” del capitalismo, in base alla quale solo le imprese “competitive” possono essere sostenute, abbandonando le altre e centinaia di migliaia di lavoratrici e lavoratori al loro destino.

Questo per affrontare gli effetti della pandemia sull’economia globale che dureranno per tutti gli anni ’20 del XXI secolo, non solo per i prossimi due-tre anni, e si porteranno via almeno un 3-4% di PIL in tutto l’Occidente.

Nel nostro Paese la riduzione del numero degli occupati nel periodo aprile-giugno 2020 rispetto allo stesso periodo del 2019 è stata pari a 841.000 unità. A farne le spese sono stati soprattutto i giovani under 35, le donne, le partite Iva ed i giovani del Sud.

Sventolando la bandiera della flessibilità, la stabilità del lavoro è stata presa a picconate prima dal Pacchetto Treu nel 1997, poi dalla Legge Biagi del 2003 e affondata dal Jobs Act nel 2014. Se l’obiettivo era rendere più elastico il mercato del lavoro, in linea coi parametri europei, è mancata totalmente la capacità di puntellare tale flessibilità con adeguati ammortizzatori sociali e politiche attive, così come avviene nel resto d’Europa: questo ha creato una enorme diseguaglianza fra generazioni.

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#ilmondocheverrà. Il futuro non è scritto

In molte e molti, in modi diversi ed eterogenei, abbiamo ripreso in questa seconda ondata gli spazi pubblici, le piazze e le strade, per quanto è stato possibile in queste difficilissime condizioni. Vogliamo dirlo con molta forza: in tutto il mondo di comitati, di assemblee, di manifestazioni e rivendicazioni che continua a emergere nelle città, c’è generosità, e c’è intelligenza nel connettere le lotte che si moltiplicano nei settori fondamentali della riproduzione della vita, dalla sanità all’istruzione, al reddito, al salario.

6 tesi sul welfare, per una convergenza e conflitto che rivendichi le risorse del Recovery Fund, per conquistare un’altra vita. Il volantone a cura del #mondocheverrà

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Lavoro di cura e riproduzione sociale. Se si fermano le donne si ferma il mondo

Anche quest’anno la giornata del 25 novembre è stata caratterizzata dalle mobilitazioni del movimento delle donne e di quello femminista tutto. Non Una Di Meno aveva infatti annunciato che, pure nelle limitazioni della crisi pandemica, le donne sarebbero state nelle piazze per la giornata mondiale contro la violenza maschile sulle donne e la violenza di genere il 25 e il 28 novembre.

Non con una manifestazione nazionale a Roma, viste le limitazioni attuali, ma con una molteplicità di piazze fisiche o virtuali, flash mob e assemblee pubbliche sparse sul territorio. Qui i resoconti e le foto.

Proprio a partire dalle criticità evidenziate dalla società capitalista e patriarcale le mobilitazioni ci hanno parlato dei differenziali sociali e delle violenze economiche e sistemiche che, insieme a quelle di genere, svelano le relazioni di potere che si nascondono dietro la gestione della pandemia. In particolare, perché, come diceva il comunicato di NUDM, “la pandemia ha messo in luce il nesso oppressivo tra la violenza economica e il lavoro di cura”.

Con le donne che ne hanno pagato il costo maggiore su più livelli.

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“CURA ITALIA”: QUELLO CHE C’È NEL DECRETO, QUELLO CHE MANCA, CHE NON BASTA

Da ieri pubblico in Gazzetta ufficiale il Decreto Legge 17 Marzo 2020 n. 18, con le misure d’emergenza del Governo Conte bis a sostegno del lavoro, delle imprese e delle famiglie.

Le CLAP – Camere del Lavoro Autonomo e Precario propongono un primo commento degli articoli più rilevanti.

ANSA/LUCA ZENNARO

Noi ripetiamo lo slogan – antico, ma quanto mai attuale – che ha sollecitato l’esperienza sindacale messa in campo a partire dal 2013: an injury to one is an injury to all – un torto fatto a uno è un torto fatto a tutti. Convinti che solo attraverso la solidarietà, la conoscenza, l’organizzazione e la lotta, potremo risalire la china e conquistare un mondo più giusto. Per noi, per tutte e tutti.

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La scuola ai tempi del coronavirus

di Cattive Maestre – La chiusura prolungata delle scuole sta rendendo necessaria l’introduzione massiccia della didattica a distanza. Tuttavia, questa riorganizzazione comporterà delle conseguenze rilevanti sulla trasmissione del sapere, sulla trasformazione dell’apprendimento e sul lavoro dell’insegnante.

La storia ci insegna che il governo delle emergenze introduce trasformazioni tutt’altro che temporanee.

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Se nulla sarà come prima, è il momento di volere tutto!

di CLAP – Camere del Lavoro Autonomo e Precario – Mentre iniziano le montagne russe delle borse e dei mercati finanziari, cosa succede nel mondo del lavoro?

Le Camere del Lavoro Autonomo e Precario propongono un Dossier con 4 approfondimenti: emergenza Sanità, tra tagli e precariato; Reddito di quarantena e patrimoniale; smart working; welfare. Una prima bussola per orientarsi nel pieno dell’emergenza; strumenti e pretese perché non siano sempre gli stessi pagare.

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Il problema sono i bassi salari e non la scarsa produttività

La Confindustria fa pressing da anni, sia nella contrattazione con le OOSS che nei confronti del governo, perché passi il concetto che la competitività dipenda totalmente dalla produttività con il fine di flessibilizzare e ridurre dei i salari.

Al contrario salario minimo dignitoso, cosi come un reddito incondizionato ed economicamente adeguato al salario minimo, non è solo un progetto di equità sociale e un’iniziativa di rilancio economico (perché senza disponibilità non ci sono consumi interni), ma anche e soprattutto una proposta di autonomia dai poteri ricattatori che essi si presentino come datori di lavoro o come autoproclamati rappresentanti dei nostri bisogni.
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La vera faccia del Jobs Act: più licenziamenti, maggiore precarietà

Dentro il confronto di governo sui temi del lavoro, Renzi e i media mainstream continuano a difendere Jobs Act e cancellazione dell’articolo 18 come misure positive e che non avrebbero aumentato i licenziamenti.

I dati ufficiali – INPS, Eurostat e ISTAT – ci dicono però l’esatto opposto.

Ma al contrario della Francia, qui nel nostro paese l’opposizione a queste misure non la stanno facendo i sindacati confederali con gli scioperi ma i Tribunali con le sentenze.
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Elezioni in UK. Quello che era prevedibile e ciò che potrà essere

Boris Johnson vince nettamente le elezioni politiche in Gran Bretagna imponendo una sorta di secondo referendum sulla Brexit. E in questo confronto il Labour ha perso 42 seggi perché punito per la sua strategia, ovvero l’indizione di un secondo referendum dopo la rinegoziazione dell’accordo con l’UE.

Il lato positivo non eludibile tuttavia è che Corbyn e Momentum hanno saputo contendere il terreno dei temi sociali ai Conservatori imponendo nel dibattito una piattaforma radicale in ampi settori sociali colpiti dalla crisi di questi anni (giovani, donne, immigranti, working poors).

Il resto è speculazione politica dei seguaci di Blair e del “partito dell’austerity” che, infatti, nel nostro paese ha trovato sponda in Renzi, Repubblica ed il Corriere della sera.

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Sul diritto di disconnessione. Liberare tempo di vita

Nei prossimi giorni entrerà nel vivo la trattativa dei Metalmeccanici dove verranno posti sul tavolo due temi fondamentali a nostro avviso: la questione salariale e il diritto alla disconnessione.

Il diritto di disconnessione riguarda la possibilità di svincolarsi dall’invasione sempre più pervasiva nella propria sfera privata e nel proprio tempo libero portata avanti attraverso l’utilizzo, ormai assai diffuso nelle aziende, di laptop, cellulari aziendali, mail costantemente connesse sugli smartphone, piattaforme che dettano i tempi e la digitalizzazione del lavoro. Fenomeno che non riguarda solo i lavoratori e le lavoratrici della Gig economy o dell’ICT ma arriva appunto in tutta l’industria ed è esteso anche a tutta una serie di lavori nei servizi sociali, di cura e assistenza in cui è prevista la copertura h24 e anche la reperibilità.

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Non è un paese per donne

Anche quest’anno in prossimità della ricorrenza della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne il movimento transfemminista globale ha portato in piazza milioni di donne, e non solo, in tutto il mondo. In Italia con oltre 100.000 persone alla manifestazione del 23 novembre a Roma.

25 novembre 2017 – piazza della Repubblica

Lo ha fatto ricordando che in tutto il mondo le donne sono in rivolta contro la violenza patriarcale, razzista, istituzionale, ambientale ed economica. In Cile come nel Rojava le donne sono in prima fila nelle lotte di liberazione dal patriarcato. Solo con la rivoluzione femminista in ogni ambito è possibile realizzare una vera rivoluzione sociale, politica ed economica. In questi ultimi anni gli attacchi ai diritti delle donne sono quotidiani. Leggi contro l’aborto libero, sicuro e gratuito, leggi che disincentivano l’accesso al lavoro delle donne, tagli al welfare statale, la riabilitazione della falsa sindrome di alienazione parentele. Questi sono solo alcuni esempi del piano di attacco sferrato contro le donne e l’intera società. Nelle contestazioni di tutto il mondo le donne si mobilitano e sono proprio le donne a pagare sui propri corpi il prezzo della resistenza e delle ribellioni.

Il potere economico del liberismo, il capitalismo, il patriarcato imperante, il fascismo, le strategie guerrafondaie interventiste poggiano saldamente sul dominio del modello di una società maschile e maschilista.

Anche nel nostro paese la guerra contro i poveri ed il feroce scontro di classe dell’alto contro il basso, che l’egemonia razzista e liberista indirizza nella guerra del penultimo contro l’ultimo, ha questo segno marcato. Continua a leggere

Non c’è più tempo! Mettiamo in sicurezza le nostre vite, reddito incondizionato e salario minimo per tutt@

Quello che segue vuole essere un contributo al ragionamento che andrà sviluppato collettivamente, consapevoli della necessità di aprire spazi larghi, attraversabili e in grado di fornire strumenti utili alle lotte che già sono e che verranno.

Il tentativo è quello di tematizzare alcune rivendicazioni che, a nostro avviso, vanno nella direzione della costruzione di terreni di ricomposizione sociale, che riguardano tutte/i, indistintamente: da chi risponde all’arroganza dei datori di lavoro, a chi sotto ricatto è costretto ad accettare salari e condizioni di lavoro umilianti, a chi si ritrova a essere  trattato come un cittadino di serie b, con la minaccia costante della perdita del titolo di soggiorno, a chi lavora sfruttato nella ­filiera dell’accoglienza e in questi mesi sta perdendo il lavoro, a causa dello smantellamento del sistema SPRAR, a chi è intrappolato  nell’economia della promessa attraverso forme di lavoro volontario e gratuito.

Chiedere l’abrogazione dei Decreti sicurezza siglati Salvini e il superamento dei provvedimenti di Minniti signifi­ca anche battersi per impedire che livelli di sfruttamento, ricatto e repressione ricadano, sommandosi, sulle spalle di lavoratori nativi e migranti, di tutte/i quelle/i che lottano ogni giorno per conquistare diritti sul posto di lavoro, nelle fabbriche del sapere, nelle periferie gentrifi­cate, nelle relazioni sociali e personali, attraverso pratiche diversifi­cate.
Per questo, la richiesta di reddito universale incondizionato e di salario minimo, a livello europeo, vanno fatte vivere insieme a quella della libertà di movimento e della dissoluzione del legame tra titolarità del soggiorno e contratto di lavoro, nelle lotte, nelle campagne e nelle mobilitazioni che verranno costruite nei prossimi mesi.

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Difendere il diritto di assemblea e la libertà di manifestare

Difendere la libertà di assemblea e la democrazia sindacale nei luoghi di lavoro fa il paio con la battaglia per l’abolizione delle norme restrittive della libertà di manifestare previste nel Decreto Sicurezza di Salvini e nel precedente di Minniti. Decreti che vanno aboliti per garantire la libertà di movimento e uguali diritti per tutt@ per impedire il dumping dei diritti e la guerra tra poveri.

Non a caso oltre ai licenziamenti da parte delle aziende degli/lle attivist* e delegati combattivi stiamo già assistendo all’applicazione del Daspo Urbano contro chi si è mobilitato per questioni sindacali e per difendere il posto di lavoro o il diritto all’abitare.

A dimostrazione dell’errore madornale da parte dei sindacati confederali nell’aver accettato il tavolo delle parti sociali col precedente Ministro dell’Interno Salvini, come se i temi del lavoro si possano affrontare come questioni di ordine pubblico.
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No alla finale di Champions League di Istanbul!

Erdogan attacca i curdi nel Rojava e, oltre alle armi comprate dall’Italia e dai paesi europei, come tutti i dittatori, utilizza anche lo sport come propaganda e come strumento per legittimare la sua guerra di aggressione.

La redazione di Sport alla Rovescia invita tutte le realtà di sport popolare, che da sempre hanno scelto da che parte stare, ma anche associazioni, collettivi, singoli, gruppi Ultras, società sportive a firmare questo appello che chiede di spostare la sede della finale di Champions League.

Per consegnare questo documento alla FIGC, con la speranza che si faccia portavoce a livello europeo di questa istanza partita dal basso.

Per aderire inviare una mail a: info@sportallarovescia.it
oppure mandare un messaggio privato alla pagina facebook di Sportallarovescia
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#FridaysForFuture. Non sarà un nuovo sessantotto ma…

di Alberto Pantaloni – “È nato un nuovo Sessantotto”. Un articolo su Il Manifesto ha intitolato così un editoriale sulle imponenti mobilitazioni del 27 settembre promosse da Fridays for Future.

Io non so se è nato un nuovo Sessantotto, e i paragoni fra fenomeni storici distinti nel tempo non mi hanno mai convinto. Però ci sono delle analogie.
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Per un’agenda autonoma dei conflitti e dei movimenti

La due giorni nazionale del 14 e 15 settembre a Roma “Energie in Movimento” ha messo in comunicazione tante e diverse forme di resistenza di questo ultimo periodo ai dispositivi dell’agenda neo-liberale dentro un ciclo lungo reazionario.

Ci sembra sia emersa come patrimonio comune la consapevolezza di non poter abbassare la guardia nell’illusione che caduto, per ora, Salvini sia morta definitivamente l’opzione sovranista xenofoba.

Questa necessità si è manifestata nella indicazione della due giorni di aprire un fronte di lotta per la cancellazione immediata di tutti i dispositivi più regressivi dell’ultimo governo. A partire dalla abrogazione totale dei due Decreti Sicurezza fino alla cancellazione definitiva dal dibattito parlamentare del DDL Pillon e di tutti i collegati.

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Energie in movimento: assemblea nazionale a Roma

Il 14 e 15 settembre, una due giorni nazionale negli spazi occupati di via del Caravaggio e di Lucha y Siesta sotto sgombero. Uno spazio di discussione con tutt* coloro che in questo periodo hanno costruito tante e diverse forme di mobilitazione e resistenza ai dispositivi dell’agenda neo-liberale dentro un ciclo lungo reazionario.

La cancellazione totale del Decreto Sicurezza, è solo il primo banco di prova in cui misurarci per determinare una rottura di questa fase regressiva in nome di interessi sociali contrapposti oppure registrare il continuismo con respingimenti, militarizzazione delle frontiere e dei rapporti umani.

Salario minimo, gender pay gap, reddito di autodeterminazione, riduzione d’orario, climate strike, welfarediritti x tutt@ sono alcune delle possibili sfide di un’agenda autonoma dalle due varianti liberiste quella dell’austerity dei trattati e quella xenofoba e sciovinista. E’ ormai tempo di discutere tutt* insieme per capire quali spazi esistono, quali si apriranno, quali sono chiusi e vanno aperti a spallate e con quali rapporti di forza e di unità li agiamo.
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Ma quale invasione. Se non li lasciamo morire in mare li vogliamo schiavi

Proprio mentre il governo a opzione razzista di Salvini cade, le trattative sul nuovo eventuale esecutivo M5S-PD sembrano ruotare attorno a un punto fermo.

I Decreti Sicurezza non verranno abrogati, al massimo imbellettati dalle irrilevanti raccomandazioni di Mattarella. E d’altra parte la strada alla esternalizzazione delle frontiere ai criminali libici e la guerra alle ONG era già stata spianata dal precedente Decreto del piddino Minniti per contrastare l’emergenza del “pericolo invasione”.

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#EarthStrike per i cambiamenti climatici. In piazza il 27 settembre servono anche i #WorkersForFuture

di Riccardo De Angelis – Il 27 settembre riprende la mobilitazione dei #FridaysForFuture, sigla che è riuscita in un clima di passività assoluta ad accendere i riflettori sul pericolo derivante dal sempre più rapido cambiamento climatico che sta operando sul nostro pianeta.

Se la questione ecologica è già uno dei pilastri per la difesa o il miglioramento delle condizioni di vita ci preme sostenere questo appuntamento e questo movimento per un motivo in più in questo autunno che si avvicina.

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Ciclo lungo reazionario, opposizione, movimenti e conflitti. Una riflessione

Salvini apre la crisi di governo, ma non sappiamo se a Ottobre effettivamente si voterà o se prima si approverà la Legge di Bilancio con qualche governo di “responsabilità” che tratterà con la UE l’aumento dell’IVA

Non ci interessa ora addentrarci in ipotesi elettorali. Riteniamo urgente una riflessione sul ciclo lungo in cui si inseriscono questi scenari. Capire quale opposizione è necessaria allo slittamento a destra che sembra inarrestabile da anni è urgente per i movimenti di lotta. La recente approvazione del Decreto Sicurezza bis da parte del governo Lega-M5S e le ruspe del PD a Bologna per lo sgombero del Xm24 ci forniscono gli elementi di fondo che portano alla luce l’inseguimento a destra tra le principali forze politiche parlamentari in un ciclo lungo reazionario.

Un ciclo che non è partito con Salvini e non si fermerà dopo di lui. La Lega ne è la parte che incarna la variante sovranista xenofoba che solletica gli istinti più beceri non solo nelle classi popolari, ma anche e soprattutto di settori economici basati sulla piccola e media impresa. Ed è dentro questo quadro che vanno pensate battaglie esemplari e provate nuove alleanze riflettendo sul fatto che nessuna forza politica, ma solo i movimenti No TAV e NUDM, sono riusciti ad aprire contraddizioni forti o impedire alcune misure governative come quelle sullo sblocco dell’Alta Velocità in Val di Susa e il DL Pillon.

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La “nuova” UE è sempre la “vecchia” UE. Anzi peggio

Alla vigilia della tornata elettorale europea, vari analisti e commentatori politici avevano previsto un cambio di rotta delle politiche dell’Unione Europea in termini di austerità e vincoli di bilancio, mentre diversi esponenti politici della destra cosiddetta “sovranista” avevano annunciato il terremoto politico ai vertici delle istituzioni comunitarie.

Stando, invece, all’esito della partita sulle nomine conclusasi ieri, sembra proprio che abbia non solo prevalso la continuità con la linea politica precedente, ma che anzi vi sia stata impressa una decisa accelerazione a destra. Proviamo a vederne i punti fondamentali e partiamo dalle persone.

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#FridaysForFuture. Lettera aperta a tutte le lavoratrici, a tutti i lavoratori e a tutte le organizzazioni sindacali

Fridays For Future Italia definisce correttamente l’aumento delle temperature, l’inquinamento, la desertificazione, la scarsità di acqua e cibo come effetti della crisi climatica ed ecologica che stiamo sottovalutando nonostante la distruzione dell’ambiente in cui viviamo porterà necessariamente al tracollo di settori interi dell’economia e della società.

Non c’è distinzione possibile tra diritti sociali e del lavoro e il diritto ad un ambiente salubre ed in salute. Il mercato globale non agisce con due tempi differenti. Risponde alle crisi contemporaneamente schiacciando i diritti di tutt@ ed i salari sotto i livelli di sussistenza, da un lato, e sottoponendo l’ambiente alle devastazioni provocate dalla valorizzazione capitalistica del territorio, dall’altro. Come con le guerre si distruggono forze produttive e infrastrutture per “ricostruire” e rilanciare i profitti, allo stesso modo si devastano valli, monti, mari e città per fare diventare tutto l’ambiente “profittevole”.

Così le disuguaglianze sociali e tra aree del pianeta, già aumentate a dismisura per via delle politiche liberiste, impenneranno ulteriormente scaricando anche i costi ambientali sugli ultimi: lavoratrici e lavoratori, disoccupati, donne, giovani, migranti e popoli delle periferie del pianeta.
In cima invece governi ed un pugno di aziende private, speculatori finanziari e spa pubbliche (di capitale pubblico, ma di diritto privato) impongono le leggi di mercato provocando la crisi globale, traendone profitto immediato senza pensare al futuro di tutt@, e mettono in moto la propaganda che pubblicamente nega il problema.

In questo appello #FridaysForFuture coglie a pieno il nesso tra questi problemi rivolgendosi alle lavoratrici ed ai lavoratori come “interlocutori ineludibili”, perché tutto questo pregiudica il futuro di tutt@ – nostro, dei nostri figli e dei nostri nipoti – oltre a pregiudicare il presente.

I casi TAV e ILVA-Arcelor Mittal sono eclatanti. Il modello attuale non concepisce una soluzione che non richieda il sacrificio, sull’altare del profitto, della salute tanto degli operai che di chi vive attorno a questo tipo di attività produttive e opere inutili. Dentro questo modello una “riconversione ecologica” è una chimera senza una spinta ed un movimento di massa che la pretenda e la imponga.

E allora se il modello non funziona va cambiato il modello. Scegliere cosa produrre, quanto produrre, quanto lavorare e come lavorare è una risposta interna e non “altra” rispetto alla battaglia e all’appello di FFF Italia.

No al lavoro nocivo precario e sottopagato, per un vero reddito di autodeterminazione, ridurre l’orario per lavorare meno tutti e meglio, produrre il necessario, redistribuire tutto.
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Automi e autonomi. Riduzione d’orario e tutele per tutt@

Un intervento sugli orari di lavoro, secondo i detrattori, riguarderebbe solo i dipendenti classici full-time e non i lavoratori autonomi mono-commitenti visto che spesso sono soggetti a orari senza limiti perché con stipendi non garantiti (più lavorano e più fatturano) e livelli di ricattabilità molto alti (a rischio conclusione del rapporto di consulenza senza nemmeno un licenziamento formale).

Invece una riduzione generalizzata degli orari a parità di salario e di diritti per i lavoratori dipendenti, potrebbe avere effetti positivi per una larga parte dei “falsi” autonomi e anche per i part-time.
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Lavorare senza padroni: fra Italia e Argentina

Chi oggi perde il lavoro o andrà in cassintegrazione perché la sua azienda è in crisi, chiude o delocalizza ha davanti a sé un futuro di disoccupazione e miseria in solitudine. Gli ammortizzatori sociali ormai sono  il viatico per la mobilità e i licenziamenti, e l’azione sindacale è rivolta quasi solo al loro utilizzo. Mentre i governi impongono tagli e controriforme per mantenere alti i profitti di banche e imprese, gli unici ad andare veramente in “default” in questo paese sono i lavoratori e le lavoratrici dipendenti, i precari, i cassintegrati ed i disoccupati.

Foto LaPresse – Vince Paolo Gerace
28/11 /2018 -Trezzano sul Naviglio (MI)
Cronaca
Trezzano sul Naviglio, presidio degli operai contro lo sgombero di RimaFlow
Nella foto: operai e simpatizzanti manifestano in attesa che arrivi l’ufficiale giudiziario a consegnare l’ordinanza di sgombero

L’articolo 43 della Costituzione italiana per un carattere di preminente interesse generale già prevederebbe la possibilità di “…trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese…”.

Eppure questo, come altri diritti, previsti sulla carta sono negati nella realtà. Si moltiplicano quindi le comunità di operai, lavoratrici e lavoratori di aziende che chiudono o delocalizzano che, di fronte a questo orizzonte di miseria fuori dal lavoro, si organizzano per occupare e autogestire in differenti forme cooperative le imprese spesso ridisegnando un nuovo senso produttivo, sociale e mutualistico.

Di seguito pubblichiamo una interessante recensione da La Bottega del Barbieri al libro «Le fabbriche della cooperazione».
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Disegno di legge delega sul lavoro. Rischio “deriva ungherese”

Valerio De Stefano, insegnante di diritto del lavoro all’Università di Leuven in Belgio, lancia l’allarme. Il governo M5S-Lega il 28 febbraio scorso ha pubblicato un comunicato stampa in cui in sordina annuncia di aver approvato un “disegno di legge delega” (su cui quindi sarà direttamente il Governo e non il Parlamento ad esercitare la funzione “legislativa”) per riformare il mercato del lavoro.

Negli intenti del governo con questa riorganizzazione “si eliminano i livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti per l’adeguamento alla normativa europea”. In sostanza tutto quello che la nostra legislazione e Costituzione prevede come tutele minime sul lavoro potrebbe essere cancellato e in completa disponibilità di una riscrittura.

Questo per due motivi. In materia di lavoro la direttiva europea garantisce molto meno delle normative italiane di per sé già in via di smantellamento da anni con Berlusconi, Monti e Renzi. Basti pensare che la UE prevede per le madri lavoratrici un congedo di maternità obbligatorio di sole 2 settimane. Inoltre, fatto ancora più pericoloso, il diritto individuale e quello sindacale sono trattati pochissimo dalla UE per cui un governo, di fronte a questo si troverebbe mano libera ad azzerare le tutele residue portandoci al rischio del modello ungherese della cosiddetta “legge della schiavitù”.
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#Lottomarzo. Lavoro femminile e mercato BES-tiale

di Sara Visintin – L’8 marzo le donne scenderanno in piazza contro uno sfruttamento generalizzato che si manifesta in ogni ambito produttivo e riproduttivo. Quest’anno in Italia lo sciopero e la protesta della marea femminista assume particolare importanza visto il feroce attacco che il governo giallo-verde sta mettendo in campo contro le donne.

Nella condizione del lavoro produttivo e riproduttivo, da tempo il capitalismo ha fatto proprio un approccio patriarcale e una femminilizzazione del lavoro non solo come modello di inclusione subordinata del lavoro delle donne, ma anche come “metafora” dei processi di valorizzazione capitalistici che investono il lavoro di entrambi i generi.

Dobbiamo rivendicare forme di accesso ad un reddito come riconoscimento sociale per tutto il complesso di lavoro non retribuito, per scardinare la dicotomia tra lavoro produttivo e riproduttivo e per riappropriarci di parte della ricchezza prodotta da tutto l’insieme del lavoro e del non lavoro.

Se le nostre vite non valgono, noi scioperiamo e scenderemo in piazza contro la violenza economica, lo sfruttamento e la precarietà.
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Appello delegate e delegati per l’8 marzo. Noi scioperiamo

La segreteria nazionale della CGIL, pur di eludere l’appello alla mobilitazione dello sciopero femminista dell’8 marzo rinchiude le delegate, in una sala auditorium a Roma con il paradosso che, mentre la Camusso condurrà questa assemblea al chiuso del Policlinico Umberto I, le strade fuori da quelle mura si riempiranno di donne che intendono questa invece come giornata di lotta.

Questo sotto, tratto dal sito di #NonUnaDiMeno è l’appello delle delegate CGIL, e non solo, a stare invece fuori nelle piazze per #lottomarzo e assumersi un impegno diretto per la riuscita dello sciopero. Firmiamo e diffondiamo questo appello per/dai luoghi di lavoro.
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Liberalizzazione degli orari: tra voltafaccia gialloverde e sofferenza al lavoro

Infoaut – Il Salva Italia del governo Monti il 1 gennaio 2012 decretava la totale liberalizzazione degli orari di apertura degli esercizi commerciali e recepiva una normativa europea che garantisce la totale libertà di apertura di nuovi esercizi commerciali senza contingenti, limiti territoriali o altri vincoli di qualsiasi natura.

I dati Istat sulla distribuzione delle vendite durante i giorni settimanali dimostrano come la domenica non è il giorno in cui si registrano il più alto numero di vendite ma è il sabato seguito poi dai giorni feriali.I consumi non sono aumentati con le aperture domenicali e sono compressi per i bassi salari di lavoratori stabili e non. Le vendite che sono cresciute notevolmente sono quelle legate all’e-commerce e alla Gig Economy (all’incirca del 13%), mentre quelle dei punti vendita fisici hanno avuto un calo (del 1.5%).

La discussione interna all’attuale governo giallo-verde è impantanata sull’ennesima boutade delle promesse elettorali grilline che si sciolgono di fronte alle rigidità liberiste leghista nel tentativo comune di garantire una fascia della società ben specifica, costituita principalmente dalla classe media dei piccoli commercianti.
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Male il reddito di cittadinanza. Peggio le critiche di PD e Confindustria

Ci sono tanti motivi per attaccare il #redditodicittadinanza varato dal governo gialloverde.

E’ una misura che come autoconvocat* abbiamo già denunciato si basa sul ricatto del workfare che prevede l’accesso a sussidi minimi di povertà previa accettazione della deportazione lontani da casa, con l’obbligo di svolgere lavori dequalificati e con stipendi da fame. Una misura utilizzata come l’ennesimo finanziamento a perdere verso imprese e agenzie di somministrazione private senza nessuna politica o obbligo di stabilizzazione e redistribuzione di ore di lavoro dignitoso, senza imporre tutele universali e minimi salariali orari fissati e inderogabili. Una forma di reddito quella presentata da Di Maio, insomma, costruita su una logica culturale di colpevolizzazione dei disoccupati e di guerra ai poveri (invece che alla povertà) che, seguendo il filone dell’Hartz IV in Germania o del Jobseeker’s Allowance (JSA) britannico, elargisce elemosina di #welfare in cambio della disponibilità a lavorare a qualsiasi condizione.

Circolano però in questi giorni anche delle “obiezioni addirittura peggiori della misura stessa”, come hanno scritto giustamente le Camere del Lavoro Autonomo e Precario.

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A reddito di merda, lavoro di merda!

Talmente è difficile oggi accedere ad un lavoro stabile che spesso si dà per scontato che a un contratto di assunzione corrisponda un salario sufficiente ad arrivare a fine mese e mantenere una famiglia. I dati ci dicono che non è affatto così.

Accanto al rischio di disoccupazione tecnologica dell’Industria 4.0, si stanno diffondendo sempre più i modelli della Gig Economy e dell’economia digitale insieme a tipologie di lavoro gabbia, ossia di “bassa qualità”, “bassa intensità” e senza prospettive migliorative.

Se disoccupazione, precarietà e bassi salari sono le emergenze sulle quali reclamiamo un’inversione di tendenza, questa inversione avverrà solo concependo questa battaglia anche contro le disparità di genere e generazionali.

Il reddito di cittadinanza si basa sul ricatto del workfare che prevede l’accesso a sussidi minimi di povertà previa accettazione della deportazione lontani da casa, con l’obbligo di svolgere lavori dequalificati e con stipendi da fame giustificati dalla filosofia: meglio un lavoro e un reddito di merda che non lavorare e non avere nessun accesso a un reddito.

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#Comdata. Una positiva giornata di lotta

Quello che segue è un comunicato dei delegati e delegate Rsu di Cobas, Uilcom e Fistel sulle manifestazioni all’interno della giornata di sciopero di carattere nazionale del 21/01/2019 a difesa dei livelli occupazionali e della qualità e dignità del lavoro nelle sedi italiane dei call center di Comdata.

Lo sciopero è coinciso con l’accordo raggiunto tra azienda e sindacati che ratifica sei mesi di solidarietà, per i 902 lavoratori del call center di Ivrea.

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Sentenza #riders di Torino. Un’occasione unica per la lotta in tutta la gig economy

Il Tribunale di Torino riconosce i riders come lavoratori subordinati e gli riconosce stipendio, ferie e tutele del CCNL logistica e trasporti. Il governo pensa già a una norma che smini gli effetti potenziali mentre i sindacati confederali chiedono di rimandare tutto a un tavolo di concertazione con le aziende riunite in Assodelivery.

E’ un’occasione unica per pretendere l’applicazione del CCNL a tutti i riders, creando un precedente per riconoscere il lavoro subordinato nella gig economy, eliminando il falso lavoro autonomo e aprendo un percorso per l’estensione delle tutele minime a quello residuo.

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Patto per la fabbrica: la concertazione padronale sulla sicurezza sul lavoro

Dante De Angelis – Dell’accordo siglato tra Cgil, Cisl, Uil e Confindustria il 12 dicembre scorso in materia di salute, prevenzione e rappresentanza nei luoghi di lavoro si conosce ancora poco. Ecco alcune sommarie riflessioni visto che contiene importanti novità e riguarda, in primo luogo, tutti i lavoratori e coloro che si interessano a vario titolo della sicurezza e della salute sul lavoro ma anche i delegati, gli operatori della prevenzione, i medici competenti, i magistrati, ecc… il documento integrale è scaricabile a questo link .
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#8dicembre – Morire di lavoro e di precarietà

di D.S. – Si continua a infortunarsi e morire di lavoro, nell’indifferenza di padronato e politici. Più di 1.300 morti e oltre un milione di infortuni ogni anno sono il risultato di oltre venti anni di legislazione contro i lavoratori, dal “pacchetto Treu”, varato nel 1997, alla “Legge Fornero”, il “Jobs Act” con l’abolizione dell’articolo 18.

E’ una vera e propria strage determinata dal peggioramento delle condizioni di lavoro, dalla ricattabilità favorita dall’abolizione dell’Articolo 18 che ha dato piena libertà di licenziamento alle aziende obbligando, molto spesso, i lavoratori ad accettare condizioni al limite della sopportazione fisica. Ma purtroppo dei morti sul lavoro non si parla quasi più così come non si parla più di sicurezza sul lavoro. Le chiamano “morti bianche”, ma sono morti e infortuni per il profitto. Si, perché i diritti dei lavoratori sono diventati argomenti obsoleti, sono un ostacolo per le imprese, società, multinazionali.

I diritti ed i salari sono un costo mal sopportato dalle imprese e devono essere piegati alla produttività e alla flessibilità totale. Le riforme del mercato del lavoro hanno accompagnato questa voracità onnivora del capitalismo. Ritmi sempre più intensi, dettati dalle metriche dello sfruttamento, e sempre più ore lavorate per i dipendenti a tempo indeterminato sotto il ricatto delle tutele crescenti o della libertà di licenziamento. Nessun diritto e ritmi frenetici per il lavoro precario e intermittente all’inseguimento di un reddito da lavoro minimo per sopravvivere, contendendosi un pugno di ore e pagamenti dei servizi del neo-cottimo (come nella gig economy).
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Non solo Sud. Caporalato e sfruttamento: un modo di produzione

di D.S. – La morte di 4 lavoratori agricoli avvenuta il 4 agosto in un incidente stradale nel foggiano e quella di altri 12 lavoratori dello stesso settore avvenuta a Lesina in un altro incidente stradale, il 6 agosto, hanno riportato alla (momentanea) ribalta mediatica il «fenomeno» dello sfruttamento dei lavoratori stranieri, e non, impiegati nella raccolta degli ortaggi e della frutta.
Noi non accettiamo di essere spettatori di questa fiera dell’ipocrisia e vogliamo andare più a fondo sulla questione, spiegando i dettagli di una filiera che dai campi agricoli in cui si sfrutta la manodopera si sviluppa fino alla grande distribuzione.
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#DirittoDiResistenza #IoStoConNunzio Continuare la lotta nell’era #Minniti #Salvini

L’accanimento giudiziario contro Nunzio D’Erme, recentemente condannato in primo grado a tre anni e dieci mesi di reclusione, è indicativo di un clima che attraversa il paese e che influenza pesantemente anche gli ambienti giudiziari. Chiunque svolga un’attività sociale in difesa dei diritti e contro le ingiustizie è destinato ad incorrere in sanzioni amministrative e penali che in questi anni si sono andate sempre più inasprendo.

Mercoledi  #5dicembre alle ore 18 assemblea al Cinema Palazzo in Piazza dei Sanniti 9 a Roma.
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#8dicembre. Lo stop della #TAV sembra possibile #NoTav

Oggi lo stop alla Torino-Lione sembra possibile. Sappiamo che tutto quello che abbiamo ottenuto e tutto quello che otterremo lo dobbiamo alla lotta. È solo informandosi, incalzando il potere, assumendosi la responsabilità delle proprie scelte che si potrà vivere in un mondo migliore di quello in cui viviamo. Mentre continua ad imperversare a reti unificate l’isteria confindustriale per l’analisi costi e i benefici della nuova linea Torino-Lione, prendiamo questo spazio per dire due o tre cose che ci stanno a cuore. L’8 dicembre sarà una giornata di mobilitazione diffusa nei territori e a Torino in una campagna di mobilitazione che vedrà confluire tutti e tutte in una grande manifestazione nazionale a Roma il 23 marzo prossimo.
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Assemblea e presidio per la libertà di espressione sui luoghi di lavoro

Lanciamo una campagna di informazione contro questa prassi repressiva e di solidarietà verso i lavoratori e lavoratrici colpite, costruendo momenti unitari di dibattito e mobilitazione. Invitiamo quindi tutte e tutti coloro che sono sensibili a questi temi, a prescindere dalle proprie appartenenze, a un primo momento di dibattito e organizzazione delle iniziative di sostegno alle lavoratrici e ai lavoratori colpiti dalla repressione aziendale.

Domenica 25 novembre 2018 Assemblea pubblica alle ore 16 a Roma al Casale Alba2 Parco D’Aguzzano (Via Paternò da Sessa angolo di via Gina Mazza).

Mercoledì 28 novembre ore 9 presidio al Tribunale del Lavoro di Roma (via Lepanto 4) per il ricorso dei/lle lavoratori/trici dell’Ospedale L. Spallanzani sospesi per 4 mesi per aver denunciato le condizioni dell’Ospedale e della Sanità in un’intervista radiofonica.

 

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#10N manifestazione nazionale | uniti e solidali contro il governo, il razzismo e il decreto Salvini

Sabato #10novembre2018 in piazza a Roma contro il Decreto Salvini, contro il Decreto Pillon e per dritti e welfare per tutt@

#StopSalvini #StopPillon #NoBorder

Cittadinanza, permesso di soggiorno, libertà di circolazione per svincolare i migranti dal ricatto e clandestinità.

L’unica sicurezza è #salario dignitoso #casa #reddito #welfare per tutt@

 

10 NOVEMBRE, MANIFESTAZIONE NAZIONALE | UNITI E SOLIDALI CONTRO IL GOVERNO, IL RAZZISMO E IL DECRETO SALVINI

Ore 14 piazza della Repubblica, Roma

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Lettera aperta. Libertà di opinione contro i ricatti aziendali

Vi chiediamo di aderire (individualmente o collettivamente) e di diffondere questa lettera contro i licenziamenti politici e i ricatti delle aziende contro delegati sindacali, lavoratori e precari in lotta.

Per la libertà di opinione e organizzazione nei posti di lavoro e ovunque.

Per costruire una rete di solidarietà mutualistica a sostegno di delegati e precari che si mobilitano sotto il ricatto aziendale.

Augustin Breda, operaio Electrolux RSU; Riccardo De Angelis, RSU TIM spa; Dante De Angelis, Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza Ferrovie; Gian Paolo Adrian, Rsu operaio Fincantieri.

Per adesioni via mail: lavoratoriautoconvocati@gmail.com

Per le adesioni aggiornate > Continua a leggere

Per una campagna su riduzione orario e reddito

Il paradosso di questa crisi è che un numero sempre inferiore di persone con contratti stabili lavorano sempre più ore, mentre un numero sempre più vasto di persone lavora pochissime ore in maniera intermittente o non lavora proprio.

Da qui la proposta di una campagna che per la prima volta ponga, insieme e non contrapposte, le questioni della la riduzione di orario (liberazione del tempo di vita vs la logica dell’industria 4.0) e del reddito per tutt@ (vs le logiche del workfare) in un’ottica di welfare universale e della riappropriazione verso il basso di parte della ricchezza socialmente prodotta da tutte le mille forme del lavoro segmentato e del non lavoro sottopagato che noi riassumiamo genericamente nei due blocchi da ricomporre del lavoro flessibile e della generazione precaria.

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Potere al Popolo? Parla il popolo (dei lavoratori)

Se vogliamo che le classi popolari di cui facciamo parte irrompano attivamente in politica, bisogna avere idee chiare su cosa proporre ma anche capacità di sentire cosa dicono, come vivono, cosa pensano. Noi ci abbiamo provato.

Ecco il risultato della nostra piccola inchiesta nell’area metropolitana di Roma mentre volantinavamo per Potere al Popolo.

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Nuove regole sulla contrattazione. Pacco pronto per i lavoratori per il dopo-elezioni

Il Corriere della Sera, Il Sole 24 ore e ora anche Repubblica preannunciano che i sindacati complici e il Governo Gentiloni hanno già trovato l’accordo sulle nuove relazioni sindacali ma rinvieranno al prossimo Governo il compito di ratificare il tutto. Onde evitare, a pochi giorni dal voto, ripercussioni negative? Non lo sappiamo ancora ma intanto di sicuro questo accordo sui salari e sulla rappresentanza è in dirittura di arrivo.

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POTERE AL POPOLO. Un punto di vista, alcune riflessioni, delle proposte

Il seguente contributo è stato elaborato da alcun* compagn* della rete dei lavoratori autoconvocati e si pone l’obiettivo di dare, da un punto di vista interno alle battaglie della classe lavoratrice e del moderno corpo salariato, una possibile chiave di lettura e alcuni strumenti per affrontare la campagna elettorale.

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Servizi pubblici: più spazio alle gare di appalto con il massimo ribasso

Da tempo scriviamo che nella pubblica amministrazione il sistema degli appalti è alquanto scivoloso sia per alcuni fenomeni corruttivi sia, e soprattutto, perché continua la strisciante opera di privatizzazione dei servizi che si accompagna al progressivo alleggerimento delle tutele individuali e collettive.

In questi giorni abbiamo appreso che proprio con il «Correttivo appalti» passa da 1 a 2 milioni la soglia per le gare costruite sul massimo ribasso. Di sicuro molto c’è ancora da capire sulle procedure negoziate con piu’ inviti, se questi inviti saranno inviati ai soliti noti o a rotazione, la nostra impressione è che sotto la soglia dei 40 mila euro la discrezionalità di un dirigente possa essere assoluta.

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Confermato il licenziamento di Riccardo Antonini: vergogna!

Sindacatoaltracosa-OpposizioneCgil. Il nostro compagno Riccardo Antonini è stato per più di trent’anni un operaio delle ferrovie. Dopo la strage di Viareggio (29 giugno 2009, in cui persero la vita 32 persone) ha prestato gratuitamente la propria consulenza all’associazione familiari delle vittime, impegnandosi pubblicamente e nel sindacato per fare chiarezza su quella ecatombe di fuoco nel centro di una città, per portare a processo tutti i responsabili di quell’incidente a partire dai vertici delle società coinvolte (da Rfi e Trenitalia).

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