La “nuova” UE è sempre la “vecchia” UE. Anzi peggio

Alla vigilia della tornata elettorale europea, vari analisti e commentatori politici avevano previsto un cambio di rotta delle politiche dell’Unione Europea in termini di austerità e vincoli di bilancio, mentre diversi esponenti politici della destra cosiddetta “sovranista” avevano annunciato il terremoto politico ai vertici delle istituzioni comunitarie.

Stando, invece, all’esito della partita sulle nomine conclusasi ieri, sembra proprio che abbia non solo prevalso la continuità con la linea politica precedente, ma che anzi vi sia stata impressa una decisa accelerazione a destra. Proviamo a vederne i punti fondamentali e partiamo dalle persone.

Ursula Von der Leyen, ministra della difesa tedesca, è stata nominata a capo della Commissione UE. Dopo un periodo come ministra della famiglia, dove fece salire il suo consenso con la proposta della gratuità degli asili nido e di sussidi economici per i genitori che volevano rimanere a casa per accudire i figli, la Von der Leyen fa una veloce carriera politica. Qui arrivano le note dolenti, perché la politica tedesca, molto vicina al “falco” Schäuble (ex ministro delle finanze tedesco e ora presidente del parlamento), ne condivise la politica di strangolamento finanziario nei confronti della Grecia, arrivando a dire che il Paese ellenico doveva mettere le sue riserve auree nazionali a garanzia dei prestiti concessi dagli investimenti, proposta che fu definita “estrema” dalla stessa Merkel. Inoltre, la ministra della difesa fu protagonista della decisione di inviare truppe e droni nei teatri di scontro in Ucraina orientale, appoggiando di fatto il Governo ucraino a cui favore combattono elementi filo nazisti che sfoggiano simboli legati al regime hitleriano.

A capo della Banca centrale europea è stata scelta invece Christine Lagarde, dal 2011 presidente del Fondo monetario internazionale, l’altra protagonista, insieme alla Troika europea, della macelleria sociale compiuta in Grecia. Non tragga in inganno la sua presunta posizione più “morbida” nei confronti del governo greco durante i mesi caldi del 2015: era una posizione “morbida” che la Lagarde consigliava alla Bce e non al suo istituto…

Tralasciando ora le altre cariche sicuramente molto meno decisive e importanti ai fini della decisione della linea politica Ue (come l’Alto rappresentante alla politica estera, il socialista spagnolo Borrell, il presidente del Consiglio d’Europa, il liberale belga Michel, e quello del Parlamento europea, l’italiano Sassoli del Pd), è evidente che la scelta di Von der Leyen e di Lagarde nei due ruoli chiave fornisce delle indicazioni molto chiare, che proviamo a riassumere:

1) La loro nomina è stata possibile grazie all’accordo con i Paesi del cosiddetto “gruppo di Visegrád” (Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria), quelli che Salvini ha sempre sbandierato come suoi “amici” e che invece (o proprio per questo), imprimeranno una ulteriore svolta a destra nelle politiche di rigore finanziario, di austerità, con attacchi al welfare e compressione al ribasso dei diritti e delle condizioni materiali dei lavoratori. Non a caso, da più parti si fa riferimento alla recente controriforma del lavoro in Ungheria, che ha alzato a un massimo di 400 ore l´anno il numero delle ore straordinarie legali, come modello di riferimento a cui far tendere l’intero impianto europeo. Una deriva ungherese che in Italia ha già uno dei suoi epigoni nel governo, con il disegno di legge delega per ora approvato dal solo Consiglio dei ministri e non ancora approdato al dibattito parlamentare. Accanto a questo quadro già di per sé devastante, è quasi certo che assisteremo da una parte al rafforzamento della fortificazione anti-migranti (come dimostra il recente Migration pakete varato nelle scorse settimane in Germania, col voto congiunto di Csu-Cdu e Spd), dall’altra a un pesante giro di vite nei confronti delle associazioni e dei movimenti che in questi anni hanno solcato il Mediterraneo per salvare le migliaia di vite umane che dai lager del Nordafrica hanno provato e provano a fuggire sulle coste europee. Che anche questa sia una politica che accomuna “sovranisti” ed “europeisti” sul nostro continente lo dimostrano una serie di fatti: il governo spagnolo (socialista) ha appena introdotto multe fra i 200 e i 900 mila euro contro le Ong (come la Open Arms); la maggioranza del parlamento olandese (di centro-destra e di estrema destra) vorrebbe introdurre una legge che processi e condanni al carcere per traffico di esseri umani gli attivisti che “senza permesso” salvano i migranti dal Mediterraneo; in Grecia, quella Grecia dove Tsipras ha appena assicurato il suo sostegno all’alleanza di governo europeo PPE-PSE, le condizioni in cui i migranti sono tenuti nei campi profughi sono disumane; in Italia sono stati varati i Decreti sicurezza 1 e 2 e la vicenda Sea Watch è ancora in corso…

2) Gli strombazzamenti sul carattere storico di avere due donne alle due massime cariche dell’Ue sono sinceramente fuori luogo. Certo, non c’è dubbio che questo sia un avvenimento storico, ma Von der Leyen e Lagarde hanno ben poco a che vedere con Ada Rossi (la “postina di Ventotene”), Ursula Hirschmann o Simone Veil. Esse sono piuttosto in continuità con personaggi come Margaret Thatcher o, sull’altra sponda dell’Atlantico, come la “bombardiera” Hillary Clinton e sinceramente non credo che il movimento delle donne ne sarà particolarmente contento.

3) Dopo 52 anni, con queste nomine la Germania passa al controllo diretto della Commissione europea, senza più intermediari come era stato in precedenza. Certo, lo fa accordandosi con la Francia, ma Macron è un leader politico decisamente indebolito. Ciò rischia di significare un ulteriore appiattimento sulle politiche di austerità (degli altri) portate avanti dal governo tedesco.

4) Infine l’Italia: la nomina di Sassoli è sostanzialmente pleonastica e d’altronde in questo momento non c’è il Pd al governo. La “trattativa” fra ritiro della procedura d’infrazione e appoggio al ticket Von der Leyen-Lagarde non deve suonare come una conquista: Conte non è Cavour (lo si vede bene) e soprattutto i rapporti di forza fra potenze non permettono alcun margine di manovra, se non rompendo quegli assetti e quelle regole di rigidità finanziaria alle quali si è accennato prima. Quella rottura così tanto sbandierata dal governo carioca nostrano e in realtà mai messa in atto, neanche col pensiero. Varare una manovra correttiva che prevede tagli di 4 miliardi alla Scuola pubblica, 2 miliardi alla Sanità e 1 miliardo risparmiato fra “Quota 100” e Reddito di cittadinanza. Di quale vittoria si va cianciando? Vittoria di chi? La politica di Salvini e Di Maio non poteva che rimanere la stessa e i capitan codardi al governo non faranno altro che continuare col loro spartito: prepotenti coi deboli e servi coi forti, propaganda all’interno e opportunismo all’estero.

Austerità, razzismo, guerra sociale a lavoratori e poveri e guerra tra poveri: questa è l’Europa e l’Italia in cui stiamo sprofondando, se non ci diamo una mossa…

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