Ma quale invasione. Se non li lasciamo morire in mare li vogliamo schiavi

Proprio mentre il governo a opzione razzista di Salvini cade, le trattative sul nuovo eventuale esecutivo M5S-PD sembrano ruotare attorno a un punto fermo.

I Decreti Sicurezza non verranno abrogati, al massimo imbellettati dalle irrilevanti raccomandazioni di Mattarella. E d’altra parte la strada alla esternalizzazione delle frontiere ai criminali libici e la guerra alle ONG era già stata spianata dal precedente Decreto del piddino Minniti per contrastare l’emergenza del “pericolo invasione”.

Una narrazione ad uso propagandistico che non corrisponde alla realtà, ma che non serve solo (certo anche) ad alimentare per scopi elettoralistici una percezione distorta che si nutre delle paure dei settori sociali colpiti dalla crisi. E’ una versione preconfezionata che serve anche a una redistribuzione e regolamentazione del business vero sui migranti che non è quello delle navi delle ONG che si occupano di Search and Rescue e nemmeno quello delle piccole e medie cooperative e associazioni che da anni si occupano di integrazione e miglioramento dei modelli di welfare, laddove le amministrazioni pubbliche dismettono, privatizzano o esternalizzano i servizi sociali e socio-assistenziali tutti.

I business veri, infatti, sono due e richiedono entrambi il ridimensionamento delle ONG e di quella parte virtuosa di terzo settore che lavora nell’accoglienza.

Il primo è quello del controllo dei flussi necessari sul mercato delle braccia (regolamentati con appositi decreti annuali) per decidere quanti migranti sono necessari da sfruttare come schiavi nell’edilizia, nei campi o nel commercio; quanti da mettere a disposizione del lavoro nero, delle mafie e del caporalato; quanti da lasciare morire in mare o nei centri di tortura e stupri in Libia in HUB ben finanziati dal nostro paese e dalla UE.

Il secondo è quella delle mega-gare e bandi che il Decreto Salvini sta favorendo con tagli che colpiscono solo la la forza-lavoro del settore ed i servizi connessi all’integrazione (come corsi formazione, scuole italiano, servizi sociali ecc…). Il grosso delle risorse pubbliche, infatti, favoriscono adesso l’ingresso dei grandi player internazionali (ORS, Homecare, Gepsa/Suez…) e delle mega-cooperative italiane (Badia Grande, Edeco, La Cascina…) in grado di passare dal modello dell’accoglienza a quello carcerario con pochi operatori, precarietà lavorativa e garantendo solo i servizi minimi (vitto e alloggio).

D’altra parte basta leggere il “Rapporto annuale sugli stranieri nel mercato del lavoro in Italia” e i numeri veri di chi approda con mezzi di fortuna sulle coste del nostro paese per capire dove sta il problema reale. Il 90% di lavoratrici e lavoratori nel nostro paese è autoctono, un tasso tra i più alti della UE. Con orari di lavoro e precarietà tra le più alte in Europa e gli stipendi tra i più bassi. Questo è il problema non le invasioni di migranti.

Gli immigrati ogni anno versano nelle casse dell’erario dello stato italiano (tra INPS, Irpef, imposte varie) più di 7 miliardi di euro contribuendo al mantenimento dei nostri già traballanti e poco universali sistemi previdenziali e modelli di welfare. Gli stranieri rappresentano una risorsa, se non addirittura un’ancora di salvezza, per un paese che secondo le ultime rilevazioni è passato da 60 a 55 milioni di abitanti. Un paese che invecchia e che è tornato ad essere terra che non ha un’emergenza immigrazione, ma al contrario una emergenza emigrazione. Nettamente più alto è infatti il numero di giovani e meno giovani che fuggono dall’Italia di quello degli stranieri che arrivano nel nostro paese. In questa crisi oltre 250.000 italiani ogni anno emigrano in cerca di maggiori fortune. Erano poco meno di 300.000 nella miseria dell’immediato dopoguerra.

Quello degli sbarchi quindi è un falso problema. Uno specchietto per allodole e per allocchi. Un problema umanitario non eludibile per un paese “civile” e con numeri irrilevanti. Sono pochissimi e non c’è nessuna invasione di orde che ci ruberebbero gli accessi al lavoro e alle case popolari. Accessi che, per altro, sono già da anni ampiamente negati a tutt@ italiani e non.

Tra l’altro spesso i migranti che sbarcano sono bloccati nel nostro paese proprio da quei decreti burocratici e repressivi in attesa di documenti perché, come testimoniano i dati, la maggioranza approda nel nostro paese in quanto porto più vicino e sicuro (non lo è la Libia della guerra civile e delle torture negli HUB, non lo è la Tunisia che non ha sottoscritto le convenzioni internazionali), ma vorrebbe raggiungere altri paesi.

Al di là delle evidenti storture del regolamento di Dublino, i dati dell’Ocse dicono che l’Italia come meta di arrivo è passata dal terzo posto del periodo pre-crisi fino al quinto attuale dopo Stati Uniti (oltre 1 milione di immigrati), Germania (quasi 400mila), Gran Bretagna (286mila) e Francia (259mila). La realtà è che in Europa, gli immigrati preferiscono la Germania e snobbano l’Italia, Portogallo e Spagna proprio per la crisi economica e occupazionale di questi tre Paesi.

Pertanto è elementare che la battaglia comune nelle agende di lotta dovrebbe essere quella per uguali opportunità per tutt@ proprio per evitare il dumping salariale e di diritti. Perché se accettiamo l’esternalizzazione delle frontiere e dei diritti elementari per chi fugge da miseria, guerre e violenze di ogni tipo, allora quelle frontiere ce le troveremo domani in casa dove gli “irregolari” che ci ruberanno il lavoro diventeranno i giovani precari “disposti a tutto”, i lavoratori anziani “che non mollano il posto”, i poveri che chiedono “sussidi assistenziali” e i “fannulloni” che accedono alle liste per le case popolari.

Su questo leggi come la Turco-Napolitano, Bossi-Fini, Minniti-Orlando e ora i Decreti Salvini hanno fatto il paio in questi anni con Pacchetto Treu, Legge 30, Fornero, Jobs Act.

Gli unici che ci rubano i diritti del lavoro, all’abitare e ad un accesso a un reddito dignitoso sono le imprese e chi fa business sul gap salariale (che riguarda non solo i migranti, ma anche donne e giovani nel nostro paese) con la pletora di padroni, padroncini, caporali, speculatori, business privato della ricollocazione nella flessibilità totale garantita dai dispositivi neo-liberali per deregolamentare il mercato del lavoro apparecchiati dai vari governi in questi anni.

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#redditodiautodeterminazione e non di schiavitù
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uguale #lavoro uguale #salario uguali #diritti
#welfareuniversale non #welfareaziendale

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